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La Tessitrice di Sogni

(Le Cronache di Neiuar Vol. 2)

Isabel Giustiniani

Prologo

L'uomo raggiunse la sommità del pendio e la fanciulla sollevò lo sguardo dalla collana di fiori che stava intrecciando. Lo sconosciuto indossava un’armatura del colore dell’argento ma di una fattura che lei non aveva mai visto. Perfino l’oggetto che imbracciava era di una forma insolita e, a ogni passo, rifletteva il sole dell’estate con una lucentezza sericea, quasi cangiante.

Lo sconosciuto si fermò a breve distanza da lei, studiandola da dietro la visiera opaca che oscurava la celata tondeggiante. Pochi istanti dopo portò una mano a lato del collo e la protezione che nascondeva il volto si dissolse emettendo un lieve ronzio.

La ragazza lo guardò sfilarsi l'elmo bianco, meravigliandosi di non provare paura. Il suo sguardo scorse dai capelli biondi dell’uomo, tagliati molto corti, scendendo agli occhi azzurri, limpidi e gentili, fino a fermarsi al sorriso amichevole che questi le rivolgeva.

«Ciao» lo salutò, poggiando le mani sul grembo colmo di fiori di campo.

«Ciao. È proprio un bel posto, qui» ricambiò lo straniero, spaziando con lo sguardo alle colline boscose che digradavano nei campi coltivati. Una lontana cascata scintillava al sole e si riversava nel letto del fiume che scorreva a valle, per poi attraversare tanti piccoli villaggi. Un profumo di fiori ed erbe aromatiche si spandeva nell’aria assieme al ronzio e al cicaleggio degli insetti.

«Sì, è davvero meraviglioso» convenne lei, allargando il sorriso. «Salgo sempre in cima a questa collina per pascolare le mie capre. Cioè, voglio dire, le capre di mio zio.»

«Non vedo capre, in giro» commentò l’uomo, guardandosi attorno.

«Oggi niente capre, hai ragione. Questo è un giorno speciale, per me, e perciò non mi devo occupare degli animali.»

Lo sconosciuto tornò a volgere gli occhi su di lei. «Perché è un giorno speciale?» volle sapere.

La ragazza gli mostrò le pieghe della lunga veste, arrossendo d’orgoglio. «So che è semplice, ma questo è l’abito più bello che ho e sono salita fin qui per adornarlo con collane di fiori. Oggi mi sposerò.»

Questa volta, alcune rughe di perplessità incresparono la fronte del Cavaliere d’Argento. «Sposarti? Sembri una bambina. Quanti anni hai?»

«Non sono una bambina!» ribattè lei, infastidita dall’osservazione. «Ho quattordici anni!»

L’espressione di contrarietà sul volto dell’uomo si accentuò. «Questa la chiamano pedofilia al mio paese, holy shit!»

«Pedo… cosa?»

Questa volta fu la fronte della ragazza a corrugarsi.

«Significa che sei troppo giovane per andare in sposa a qualcuno.»

«Holy Shit deve essere un paese molto lontano» replicò la fanciulla, cercando di soffocare la risata. «A Nemberia, è normale che una ragazza prenda marito a questa età e, per quanto ne so, lo è anche in tutti gli altri governatorati dei Cinque Regni.»

L’uomo mutò espressione, distogliendo gli occhi da lei per proiettare uno sguardo vuoto davanti a sé. «È molto lontano da qui, hai ragione.»

«Ti va di sederti un po’ accanto a me e di farmi compagnia mentre termino le mie collane?» gli offrì la ragazza, percependo la sua pena.

Lo sconosciuto parve ridestarsi, battendo le palpebre, e tornò a guardarla. «Sedermi qui… Perché no?»

Prese posto accanto a lei, deponendo all’altro fianco l’elmo e il complesso oggetto metallico.

«Non ho mai visto un’armatura come la tua» disse la ragazza, osservandolo incuriosita. «È anche vero che ho visto solo i cavalieri delle terre di Nemberia, però credo che tutti i cavalieri dei Cinque Regni portino la spada. A cosa ti serve quel metallo, se non è affilato?»

L’uomo sorrise. «Diciamo che è la mia spada. Stessa funzione, ma con un’efficacia maggiore.»

Poiché la fanciulla continuava a guardarlo con perplessità, raccolse l’oggetto e glielo mostrò. Era un meccanismo complicato in cui varie parti s’incastravano tra loro e sembravano fatte di materiali diversi.

«La impugni in questo modo,» spiegò, imbracciando l’arma, «poi sblocchi la sicura qua sotto, così. Prendi la mira su chi ti vuol far del male e premi qui, facendo fuoco.»

La ragazza inarcò le sopracciglia in un’espressione di viva sorpresa. «Vuoi dire che quella cosa sputa fuori del fuoco?»

Lo sconosciuto le rivolse un sorriso dai denti bianchissimi e tornò a poggiare l’arma al proprio fianco. «Più o meno: è solo un vecchio modo di dire. Come ti chiami?»

La fanciulla arrossì. Presa dalla curiosità per le stranezze di quel visitatore inaspettato, si era dimenticata di presentarsi. «Mi chiamo Dhalia, come il fiore. Vengo dal villaggio di Kora, quello che vedi laggiù, vicino alla cascata» Lo indicò con un dito. «E tu come ti chiami?»

Gli occhi dello straniero tornarono a velarsi e il suo sorriso si affievolì fino a spegnersi. Sembrò cercare qualcosa dentro di sé, ma poi si arrese con un sospiro e scosse il capo del capo.

«Ci ho pensato, mentre salivo la collina, ma non lo ricordo» rispose, iniziando a sfilarsi i guanti bianchi dalle nocche rinforzate. «Anche se mi sforzo, non ricordo il mio nome e neppure perché sono qui. Però, credo che tutta questa faccenda sia solo un sogno che sto facendo.»

«Un sogno?!» sbottò Dhalia, sgranando gli occhi. «Oh no. Proprio no. Senti, a me dispiace davvero se non ricordi nulla, ma ti assicuro che questo non è affatto un sogno. Oggi è il giorno del mio matrimonio e io sono più che sveglia: non ho passato le ultime tre settimane a ricamare questa tunica nei miei sogni.»

«Non trovo altre spiegazioni per questo luogo assurdo e per…» si bloccò, imbarazzato, mentre stava per indicare lei.

«Sicché sarei io quella assurda?» Dhalia questa volta non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere, tuttavia si rese conto che lo sconosciuto senza nome non trovava affatto divertente la situazione. «Ci sono sempre altre spiegazioni» riprese, facendosi seria e raccogliendo una delle collane per poi infilargliela al collo. «Solo che magari non siamo in grado di coglierle subito. Tocca questi fiori. Avanti! Riesci a sentire la fragranza che emanano? Ti pare un sogno?»

L’uomo con l’armatura d’argento guardò perplesso l’anello di margherite e di fiordalisi intrecciati che gli pendeva sul petto. Sembrava quasi ne avesse timore. Dhalia ammirò soddisfatta l’azzurro e il bianco dal cuore oro della sua creazione: sarebbe spiccata a meraviglia sul rosso della tunica nuziale che indossava. Non le importava se i compaesani l’avrebbero criticata per lo sfoggio eccessivo di colori: lei amava i colori, perché erano la più gioiosa espressione della vita. Ora guardava le larghe mani dello sconosciuto alzarsi a sfiorare con inaspettata delicatezza i petali, mentre gli occhi azzurri si scolorivano dietro un velo di lacrime.

«Forse hai solo bisogno di un aiuto per ricordare» riprese, titubante. Si sentiva a disagio nel vedere qualcuno soffrire senza poter far nulla per aiutarlo. Guardò con più attenzione il suo abbigliamento, in cerca di qualche indizio che le potesse ricordare qualcosa, ma tutto, in quello straniero, per lei era nuovo. Si accorse che sul braccio, all’altezza della spalla, l’armatura portava dei simboli: uno stemma rosso e azzurro sopra una scritta nera in caratteri che non conosceva. Si rammaricò, ancora una volta, che non le fosse stato permesso di frequentare le lezioni al tempio. Forse avrebbe capito.

«Cosa significano questi simboli? Sembra lo stemma di una casata. Ti ricordi qual è? Magari possiamo risalire da quale dei Cinque Regni provieni.»

L’uomo inalò un profondo respiro, passandosi una mano sugli occhi per cancellare le lacrime.

«So che è la bandiera del mio paese. Non che il fatto di saperlo diradi la nebbia che ho in testa.»

«Solo stelle e strisce?» insistette Dhalia. «Nemmeno un animale? Tutte le casate di Nemberia hanno un animale simbolo. Snakestone possiede quattro draghi in campo giallo e cremisi, Mondovea ha il cervo nel sole, Kalimat il falco…»

«L’aquila. Il nostro è l’aquila. Ecco un’altra cosa di cui non so come diavolo faccia a esserne a conoscenza.»

Dhalia annuì, tornando a tessere trine di fiori con movimenti rapidi ed esperti. «È un’ottima scelta: l’aquila è un animale magnifico. Le vedo spesso lanciarsi in volo dai picchi delle montagne, qui intorno, e ho sempre desiderato poter avere le ali come loro per fuggire via.»

«Non sei felice, qui?» L’uomo si volse a guardarla e le dita di lei fremettero, senza tuttavia interrompere il movimento. «Non devi parlarne, se non ti va» aggiunse, come se volesse scusarsi. «Mi era solo parso, da come ne parlavi, che fossi contenta di sposarti.»

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La Tessitrice di Sogni
(Le Cronache di Neiuar Vol. 2)

Isabel Giustiniani

la tessitrice di sogni
Leggi l'anteprima

Nessuna illusione è reale. Finché non uccide.
Con l’obiettivo di scovare un Tessitore di Sogni per entrare in possesso dei segreti custoditi nella mente dei Dormienti, Skoll setaccia senza sosta le terre dei Cinque Regni.

Quando sembra aver finalmente individuato nella giovane vedova Dhalia la sua preda, la ragazza è già in viaggio verso la capitale fortificata, mescolata tra la massa di contadini in fuga dalla guerra divampata nelle Terre del Sud e che sta per travolgere Nemberia.

Mentre gli alchimisti promettono di rafforzare i soldati in battaglia grazie a una potente droga psicotropa e letali creature oniriche emergono dagli incubi, Dhalia dovrà trovare la forza di sconfiggere la paura e le proprie insicurezze per accettare il potere che le scorre dentro: la vita dell’uomo dallo strano elmo e dai vestiti d’argento che le appare da tempo in sogno, chiedendole aiuto, à appesa a un filo. Annodato tra gli artigli del Cacciatore.

L'autrice

giustiniani

Proveniente dal settore informatico ma con una mai sopita passione per la storia, Isabel Giustiniani, dopo un quinquennio trascorso in Portogallo, vive attualmente in Australia ai margini della rainforest condividendo gli spazi casalinghi con figli, marito, cane e ospiti indigeni erranti quali gechi, pappagalli, possum e - purtroppo - ragni.
Fondatrice di storiedistoria.com, si dedica in prevalenza alla narrativa storica ma ama spaziare anche nel fantasy/sci-fi. La potete trovare, oltre che sul blog Storie di Storia, sul suo sito personale di autore.

Il suo sito web
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Perché l'abbiamo scelto

La scrittura matura, ricercata e semplice allo stesso tempo della Giustiniani si conferma anche in questo nuovo titolo. Ritmo incalzante, condito da eventi che toccano l'intimità dei protagonisti e che si avvicendano sospesi tra il terreno e il soprannaturale, tengono incollato alla poltrona il lettore.

Dhalia entra nei sogni delle persone e li sa condizionare: è un'arma letale, in grado di piombare con irruenza all'interno di una guerra sanguinosa per deciderne le sorti.

Un'idea originale, sapientemente raccontata. L'autrice rende bene un genere difficile, frutto di una coerenza di base tra ciò che vuole esprimere e ciò che riesce a trasmettere a chi legge.

Sempre impeccabile, poi, la cura editoriale messa nell'opera.