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L'altra Custode

Norma Tarditi

Ardo iniziò ad issare le reti.

Capì già dalla scarsa resistenza che opponevano che qualcosa non andava. Le tirò sulla barca, gocciolanti e impregnate di salmastro.

“Dannazione!” imprecò tra i denti, scorgendo lo squarcio tra le maglie usurate.

Vuote… neppure una minuscola sardina. Era il sesto giorno di fila che la pesca era magra e quel giorno, oltre a non poter portare a vendere il pesce al mercato, non avrebbero avuto neppure di che mettere sotto i denti.

Ammucchiò le reti in un angolo e si sedette. Il sole stava salendo rapido sull’orizzonte. Contro la luce limpida e vivida del primo mattino vide un paio di barche dirigersi lentamente verso la costa, quelle di Luno e Butto gli parve. Ricambiò il cenno di saluto di uno dei due. Sarebbe dovuto rientrare anche lui, a quel punto.

Strofinandosi la corta barba ispida sul mento tornò a guardare le reti malandate, rammendate troppe volte dalle dita rovinate di Elat. Immaginò il sorriso sul volto di sua moglie, mentre dal pontile lo scorgeva avvicinarsi, speranzosa come ogni giorno. Gli Antenati gli avevano fatto la grazia di concedergli una donna forte, dalla fede incrollabile: ancora quella notte, mentre lo aiutava a sciogliere le cime alla luce ondeggiante della lanterna fissata a prua, gli aveva detto, sicura: “Stanotte andrà bene.”

Lo diceva sempre…

Ma non era andata bene. E quel giorno scadeva anche il termine ultimo per il pagamento dell’affitto delle due stanzucce in cui vivevano e non ci sarebbe stato modo di posticiparlo. I pochi risparmi che avevano si erano esauriti nel mese precedente, per colpa del suo dannato braccio rotto, e stava per arrivare il periodo delle grandi mareggiate e non avrebbero neanche potuto comprare quel po’ di torba per scaldarsi.

Maledizione! Quello era il periodo in cui i Vys garantivano la stagione della pesca e in teoria quella relativa tranquillità che dava il pensiero di un guadagno regolare. Eppure le sue reti erano di nuovo vuote…

Volse lo sguardo alla costa, da quella distanza poco più di una serie di gobbe che si innalzava dal mare. Elat si svegliava sempre presto, all’alba, al canto del loro gallo. La immaginò nel piccolo cortile della casa, a dare il becchime ai polli. Gli sembrava di vederla drizzare la schiena e soffiare via i lunghi capelli dal viso, voltandosi per dare un’altra occhiata e cercare di scorgere la sua barca tra quei minuscoli puntolini che, avvicinandosi, tracciavano liquide scie nell’acqua. Poi, avrebbe accudito il loro stentato orticello, avrebbe raccolto le verdure mature e le avrebbe usate per preparare una torta salata, che avrebbe portato a cuocere al forno del villaggio dove forse, se fosse stato un giorno buono, qualcuno gliel’avrebbe comprata.

Insieme alla casa, senza più un orto, avrebbero perso anche quel misero guadagno.

Ardo fu assalito dalla disperazione. Come avrebbe fatto, a guardarla in quegli occhi scuri come la notte e dirle che avrebbero perso tutto? Tutta colpa di quel braccio rotto! Era stato un attimo, la distrazione di un momento, ed era scivolato dal tetto che stava cercando di accomodare.

E aveva gettato quasi un intero mese di pesca.

In quel momento, il richiamo di un gabbiano risuonò alle sue spalle. Ardo si voltò nel momento in cui l’uccello stava scendendo in picchiata a qualche decina di metri dalla sua barca, fino a sfiorare l’acqua per poi risalire con la sua preda nel forte becco. Il mare sembrava ribollire in quel punto e Ardo ben sapeva il perché: pesci, centinaia di pesci rondine, o pesci volanti come li chiamavano i bambini al villaggio. Un banco enorme.

E intoccabile.

Erano acque dei Vys, quelle. Inavvicinabili a meno di non volersi imbattere in uno di loro, incappando così in una morte orribile o in una sorte anche peggiore.

Se non si aveva qualcosa da scambiare, almeno.

Una vaga impazienza lo colse al ricordo di ciò che aveva sentito la mattina precedente, alla taverna, mentre consegnava il suo misero pescato: i mercanti sbarcati dalla nave straniera che compiva la traversata in autunno avevano appena raggiunto il villaggio, portando il loro carico di merci delle Terre oltre le Acque e di notizie.

E non notizie qualunque…

Ricordò quella voce ruvida e sgradevole, rimasta senza volto dato che lui si trovava al di là della parete di legno che delimitava il magazzino delle scorte. Era stato un momento anche quello, a ben pensarci: stava per uscire quando aveva sentito. E per un caso del tutto fortuito: normalmente era Isso a portar dentro le merci, ma il ragazzone era assente quel giorno, preda di una fortissima febbre. Quel senso di impazienza crebbe: Elat gli ripeteva sempre che gli Antenati mandano messaggi a chi li sa riconoscere. Poteva essere quello il caso? Non che Ardo si ritenesse degno di ricevere una qualche attenzione dagli Antenati, tutt’altro! Però…

Per la distrazione di un momento si era quasi rovinato e per l’attenzione di un momento poteva tentare di recuperare. Forse la bilancia del destino si sarebbe pareggiata.

Valutò la propria situazione: la pesca era andata malissimo, a poche decine di metri da lui c’era un enorme banco di pesci, non c’era traccia di Vys nei paraggi e, comunque, avrebbe avuto merce di scambio, quella volta…

Lentamente, cautamente, sollevò lo sguardo sull’ombra scura dell’Isola. Il sole sorgeva di fronte ad essa, quindi avrebbe dovuto essere illuminata dai suoi lunghi raggi. Invece era buia e cupa, come sempre era stata a memoria di Ardo e di tutti gli abitanti delle Lande.

Tranne alcuni temerari, o folli, nessuno andava mai là dai villaggi e nessuno mai tornava. A parte gli schiavi e le prescelte, ovviamente. Erano i Vys ad attraversare le acque che separavano l’Isola dalla terraferma, quando lo ritenevano necessario. Per il resto del tempo stavano rintanati là, con le loro Custodi.

Sua moglie ricordava bene quando erano andati a prelevare l’ultima, dalla Casa del villaggio in cui era cresciuta, anche se erano passati quasi dieci anni da allora. Era una storia che raccontava a labbra strette, solo a lui, ben attenta che non ci fosse nessuno nei paraggi: non si parlava mai dell’Isola, né dei Vys, né delle Case. Ma era come se, ogni tanto, avesse bisogno di ripeterla, di sfogarsi, come se, così facendo, il ricordo di quella bambina non fosse perso per sempre.

“Aveva undici anni!” gli diceva, ogni volta, con rabbia.

E lui, ogni volta, rispondeva: “Sono le regole dell’Isola, non ci si può fare niente.”

“Ma sono bambine!” Si impuntava. “Bambine mandate da quegli abomini!”

E allora lui, tutte le volte, la zittiva: “I Vys sono i nostri protettori, lo sai.”

“No che non lo so! E non lo sai neanche tu! Nessuno sa cosa succede in quel posto dimenticato dagli Antenati!”

E allora Ardo scuoteva la testa. “Io so quello che devo sapere: le Custodi servono i Sette e i Vys ci aiutano.”

E poi era giunta quella notizia, la prima sull’amica d’infanzia di Elat, l’anno precedente: era stata scelta da uno dei Sette.

“Che gli Antenati non vogliano…” aveva mormorato Elat quando una delle sue sorelle le aveva scritto del grande onore per la Casa del loro villaggio natale e dei futuri vantaggi per il villaggio stesso. E si era segnata sul cuore.

Ardo non condivideva l’orrore di sua moglie per tutto ciò che riguardava l’Isola, il suo Sacrario, le Custodi e i Sette: le cose erano così da secoli e così sarebbero rimaste. Era per il loro bene: tutti conoscevano la storia. L’Isola faceva parte della realtà delle Lande, era qualcosa che tutti loro dovevano accettare, o al massimo ignorare.

Non ha senso prendersela col vento che soffia in direzione contraria: tanto vale spiegare le vele e lasciarsi trasportare, così la pensava lui.

E i Vys li aiutavano, a loro modo.

“Come l’edera aiuta la pianta su cui si avviluppa!” rispondeva sua moglie. “Soffocandola!”

Un improvviso sciabordio molto vicino alla chiglia lo riscosse dai suoi pensieri.

Ardo si voltò di scatto, temendo di scorgere un Vys. Li rispettava, era vero, ma li temeva, come era ovvio. Solo un pazzo non ne avrebbe avuto paura.

Espirò di colpo non vedendone e si deterse il sudore comparso d’improvviso sulla sua fronte. Era la Corrente: il mare lo aveva sospinto fino ai confini delle acque dell’Isola. La circondava, fissa ed immutabile con qualunque tempo e con qualunque mare, generata e mantenuta dagli stessi Vys, o almeno così si diceva.

Il banco di pesci era adesso così vicino che, se avesse allungato una mano, li avrebbe addirittura catturati.

Guardò un’ultima volta le reti vuote, poi la costa dove lo aspettava Elat… e infine decise.

Pagaiò con il remo sinistro, addrizzò la barca dirigendone la prua a Sud e la spinse nella Corrente.

L’attimo dopo era circondato dai Vys.

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L'altra Custode

Norma Tarditi

L'altra Custode
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Eyna attende il ritorno del suo guerriero da una delle ultime missioni prima che Loorn, il Dio dei Ghiacci, avvolga i Territori nel gelido abbraccio del lunghissimo inverno Khea’r. È il primo da quando vive a Roch’lor e ora che i Territori sono in pace, le Pianure Centrali sono di nuovo indipendenti e sua madre, a Lucar, gode di più libertà di quanto avrebbe mai potuto sperare, la sua preoccupazione principale è superare quei pigri, letargici mesi potendosi muovere solo tra casa sua, il palazzo reale e il Sacrario, pregando peraltro di farlo senza rompersi qualche osso cadendo lunga distesa per la scalinata perennemente ghiacciata. Quello, e contemporaneamente tranquillizzare Kylar sul fatto che assolutamente la prospettiva non la inquieta neanche un po’, consapevole com’è del desiderio del suo sposo che lei possa sentirsi davvero a casa, nei Territori.

Ma il destino non sembra aver ancora finito di giocare con le vite di Eyna, Kylar, Naoul e, più in generale, con le sorti delle Terre d’Occidente.

Un nuovo nemico, infatti, compare all’orizzonte, un nemico tanto lontano da essere addirittura sconosciuto, un nemico che si nasconde nelle Terre d’Oltremare attendendo da tempi immemori nell’ombra del terzo Sacrario che il fato si compia, che oltre le Acque i draghi oltrepassino la soglia. Un nemico così pericoloso da spingere i nostri protagonisti a mettere da parte odio e rivalità vecchi di secoli. Perché i Khea’r hanno la memoria lunga, ma quando qualcosa di terribile minaccia la loro Custode anche l’aiuto del più antico avversario non può essere disdegnato.

Il terzo e ultimo capitolo della saga “Le Custodi” racconta l’epica conclusione di una storia iniziata ben prima che il comandante Khea’r rapisse una delle Custodi Valiar nell’emporio della loro capitale, in tempi tanto lontani da confondersi con la leggenda, quando i guerrieri Khea’r ebbero origine.

L'autrice

tarditi

Norma Tarditi è nata nel 1982 ad Imperia, nel cui entroterra vive con il marito Roberto, Birba, un gattone rosso, ed Ettore, un cagnone beige. Si è diplomata al liceo classico e si è poi laureata, con coerenza quantomeno particolare, in Economia Aziendale presso l'Università degli Studi di Genova.
Adora leggere e pur apprezzando quasi ogni genere è senza dubbio un'appassionata di fantasy.
Come buona parte dei divoratori di libri, ha sempre sognato di scrivere qualcosa di suo, senza mai crederci davvero. Invece, ormai quasi quattro anni fa, in un periodo lavorativo che le ha lasciato insolitamente una buona quantità di tempo libero, si è seduta al sole sul terrazzo con un quaderno e una penna ed ha iniziato a scrivere quella che credeva sarebbe stata solo una storiella; invece, una parola dopo l'altra, la storiella è diventata una storia, poi un libro auto-pubblicato su Amazon ed infine una serie, "Eternity", composta da cinque libri, tutti disponibili su Amazon.
Mentre terminava la revisione dell'ultimo, una nuova storia ha bussato alla porta della sua fantasia e così è iniziata una nuova avventura: la saga “Le Custodi”, disponibile su Amazon da maggio 2019.
Se volete contattarla ha un indirizzo mail a cui è felice di rispondere a domande e curiosità: normatarditiautrice@yahoo.com

Il suo sito web

Perché l'abbiamo scelto

L’altra Custode è una conclusione fedele alle origini e coerente, non solo per la trilogia, ma anche per gli archi dei personaggi che animano la saga: seguendo le vicende dei protagonisti si svelano man mano tutti i misteri presentati nei primi due romanzi.
L’universo mitologico si arricchisce ulteriormente attraverso l’esplorazione di nuovi confini e vecchi episodi, che, uniti a punti di vista diversi e alla consueta dose di preveggenza, forniscono le basi per un finale in grande stile fantasy.