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Tutto brucia tranne te

Cristina Origone

La laurea

Genova, 10 maggio 2011

Lui, presidente e relatore della tesi, mi proclama finalmente dottoressa con: — Un meritato 110. — Sono queste le parole che pronuncia stringendomi la mano. Contraccambio la stretta e abbasso lo sguardo. Mi trattiene la mano più del dovuto e, quando me la lascia, la stringo a tutti ed esco dall’aula.

Sono turbata. Ma non per la laurea.

Caterina mi abbraccia prima degli altri miei amici e mi sussurra all’orecchio: — Tutto bene?

Io scoppio a piangere.

Fiori, foto, applausi e abbracci. Sono nella confusione più totale e con lo sguardo cerco lui. Non è ancora uscito dall’aula. Alcuni miei amici mi chiedono una foglia di alloro della corona che Caterina mi ha preparato, sembra che porti fortuna a chi si deve ancora laureare. Mi distraggo per qualche minuto e, quando guardo in direzione delle scale, vedo che lui sta scendendo i gradini a passo veloce.

Caterina se ne accorge e mormora: — Finalmente se n’è andato e… — Sorride e conclude: — Non pensarci più, dottoressa.

Lei è la mia migliore amica. Mia madre avrebbe dovuto occuparsi di questa giornata, invece è Caterina che ha organizzato la festa dopo la laurea e mi ha regalato un weekend da trascorrere insieme in un centro benessere. L’unica cosa che ha fatto mia madre è stata telefonarmi stamattina per augurarmi un freddo “in bocca al lupo”.

Sono anni che sono nelle fauci del lupo, ma lei non lo sa. — Crepi — ho risposto con molto piacere e ho chiuso la conversazione.

Caterina ha occhi piccoli e neri, e un fisico sproporzionato: spalle strette e fianchi larghi. Ha una parlantina sciolta, porta i capelli corti e studia Giurisprudenza, ma è fuori corso da diversi anni. Ogni tanto scherza e dice che per errore ha camminato sul rombo bianco al centro del pavimento del chiostro in Università, e quindi per quel motivo non prenderà mai la laurea. Per gli studenti della facoltà di Legge di Genova quel rombo porta sfortuna, si può calpestare solo dopo essersi laureati.

In realtà non si impegna a sufficienza. Ha tantissimi hobby: segue corsi di recitazione, cucina e fotografia. Fa spinning tre volte la settimana, ma sono mesi che non la vedo studiare. Caterina è l’esatto contrario di me. Io sono molto pigra, esco raramente e, se ho un obiettivo da raggiungere, niente mi può distrarre. Non permetto a nessuno di distogliermi dalla mia meta.

Conosco Caterina da qualche anno, dividiamo un appartamentino nel centro storico.

Lei ha ragione, non dovrei più pensare a quello che è successo e non dovrei più pensare a lui. Mi asciugo le lacrime e le rispondo: — Non hai torto, Cate.

In quel momento si intromette Luca, il mio compagno di università: — Ma il prof non viene con noi? Oh, mi vengono ancora in mente le sue parole il nostro primo giorno di lezione. Te le ricordi, chèrie? — chiede.

Sorrido imbarazzata, ma non perché mi chiama chèrie, lo fa sempre, e rispondo: — Come potrei dimenticarle?

Luca imita la sua voce mentre pronuncia: — Bene, voi siete quaranta. Mettetevi bene in testa che uno di voi troverà lavoro come guida, ricercatore o simili; altri due finiranno a fare i commessi in un museo; per tutti gli altri, invece, sarà come se aveste finito le superiori senza più continuare. Perciò, pensateci bene se volete proseguire e prendere una laurea in Storia.

Imita benissimo il professore e i miei amici ridono.

Caterina punzecchia Luca e aggiunge: — E lei, signor Bordonaro, perché ha scelto questa laurea? Non ha pensato agli sbocchi lavorativi?

Lui sorride e risponde esattamente come ha risposto quel giorno al professore: — Perché la laurea e il lavoro dovrebbero essere la concretizzazione dei propri interessi e delle proprie passioni. Compiere tale scelta, pensando esclusivamente al lavoro e ai soldi che ne conseguono, sarebbe stato sbagliato.

Scatta l’applauso. A lui piace essere al centro dell’attenzione. Luca ha uno strano accento francese, anche se è genovese, e la erre moscia lo fa sembrare un parigino. Pure il suo look si addice poco a una città come Genova, a prima vista grigia e severa: indossa una giacca a doppio petto corta e una camicia con una larga cravatta di seta. I pantaloni a due pinces arrivano sopra la caviglia e le scarpe di vernice sono stringate, con la suola di gomma. Sì, oggi ha esagerato, non oso pensare cosa indosserà alla sua laurea.

Continua imitando Carla Benassi, una mia compagna di corso, che non è presente. Ruba gli occhiali a un mio amico e, con una voce simile al personaggio di un cartone animato, puntualizza: — Lei ha ragione, professore, soprattutto il settore delle lauree umanistiche offre meno sbocchi lavorativi di quanti ne offrono le lauree scientifiche. Di tutti i laureati che conosco, nessuno svolge un lavoro corrispondente al titolo di studio.

Si toglie gli occhiali e conclude con un’altra imitazione del prof: — Ecco, signorina Benassi, direi che lei ha colto l’essenza del mio discorso.

Tutti ridono nuovamente.

L’unica che non ride sono io.

Quando arriviamo al C Dream sono agitata. Stringo tra le mani la tesi e mentre entro nel locale mi guardo intorno. Spero che lui sia qui ad aspettarmi, invece mi accoglie con un abbraccio Edoardo, il padre di Caterina. È un uomo alto, con un fisico tozzo e la prima cosa che si nota di lui sono le mani: sono grandi, troppo rispetto al corpo. Lavora come dirigente di una Compagnia di crociere e Caterina mi ha organizzato un rinfresco in questo posto favoloso nel centro di Genova.

Il C Dream è un lounge-bar di proprietà della compagnia navale. L’atmosfera è da sogno, si ascoltano suoni e rumori del mare e si scoprono effetti speciali come la cascata di petali di rosa dal soffitto. La musica è soft e, mentre l’atmosfera cambia continuamente al mutare delle luci, facciamo il primo brindisi abbracciati da una luce rosa.

Ci sono tante persone, alcuni sono amici di Edoardo. I genitori di Caterina mi considerano parte della loro famiglia, a volte mi sento quasi adottata da loro. L’assenza di Carla, sua moglie, non era prevista, ma è dovuta andare a Catania per assistere una zia malata. Sono entrambi di origini siciliane.

Io non ho una famiglia. E, mentre ci penso, stringo forte la tesi.

— Marta e questa? — chiede Caterina, cercando di strapparmela.

— No, ferma! — Il modo rabbioso con cui mi rivolgo a lei stupisce anche me. Fisicamente sono molto minuta, ho capelli mossi, lunghi e chiari, e la pelle bianca. Sono sempre gentile con tutti e Luca dice che sembro uscita dal Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare. Dice che sono una creatura raffinata, sofisticata ed eterea.

Caterina, sorpresa, sbatte gli occhi. Io mi scuso e cerco di giustificarmi dando la colpa alla tensione della giornata. Lei mi ha già perdonato; le accarezzo una guancia e vedo lui mentre parla con Edoardo.

— Cate, guarda là.

Lei si volta.

— Sapevo che sarebbe venuto. — Sorrido soddisfatta.

— A volte mi spiazzi, Marta. Davvero.

— Lo so, Cate, tu hai ragione. Dopo quello che è successo, dovrei stare alla larga da lui. Però…

— Non dirmi che ci speravi…

— Le mostro la tesi. — Gli ho scritto una dedica. Nonostante tutto è il mio relatore.

Lei si allontana contrariata. Il suo sguardo dice: — Non sono affari miei.

Io guardo il professore che si volta verso di me. La luce cambia e diventa azzurra. Azzurra e fredda come i suoi occhi.

Mi tremano le gambe mentre lui si avvicina.

Gli allungo la tesi. — Per lei. Grazie di tutto.

— Non volevo venire. E invece… — Ignora il libro e prende un bicchiere di spumante appoggiato sul bancone del bar. I divanetti rosa difronte a noi sono occupati. Con lo sguardo accarezza tutti i presenti. Poi alza il bicchiere e aggiunge: — Un po’ di attenzione, per favore. — Prende la tesi. — Vorrei leggervi la dedica della mia allieva… — Mi guarda e sorride. — Preferita, ora posso dirlo… — I miei amici applaudono, alcuni ridono. — Ha gentilmente scritto sulla sua tesi. Vorrei leggervi solo le prime parole — dice appoggiando il bicchiere — il resto lo terrò per me.

Parla con lo stesso tono caldo e intenso che usa durante le lezioni. Non si sa che età abbia, ma il suo aspetto giovanile e stropicciato lo ha reso l’idolo di noi studenti.

Apre il libro e, prima di pronunciare qualsiasi altra parola, impallidisce. Prende il calice e beve lo spumante tutto di un fiato. Poi lo appoggia nuovamente e aggiunge: — È la mia allieva preferita, ma mi aspettavo qualcosa di più originale di un grazie, professore.

I presenti in sala rimangono stupiti, lui sorride in modo strano, poi chiude il libro e se ne va.

Ovviamente non è quella la mia dedica. Le guance si arrossano. Non mi aspettavo che volesse leggerla di fronte a tutti. Dopo l’imbarazzo generale, prende la parola Luca e, imitando la voce del professore, dice: — Non è da lei signorina Bini, mi ha fortemente deluso. Meno male che mi sono opposto alla lode. — Tutti ridono e lo sguardo di Caterina sembra dire: — Dopo mi spieghi cosa sta succedendo.

Sento vibrare il cellulare nella tasca dei pantaloni. Guardo il display. Il messaggio mi colpisce come lo schiaffo che lui mi ha dato due giorni fa: Puttana.

Siamo a casa. Luca è seduto sul divano e sta mangiando le patatine. Nonostante il buffet, lui ha ancora fame. E non ingrassa. Mangia tanto ma il suo fisico è sempre asciutto.

Luca è un ragazzo affascinante, il sorriso è la sua carta vincente nelle relazioni umane. Lui adora organizzare feste. Celebra qualsiasi notizia che reputa fortunata. Le sue feste le chiama: Feste Buone Notizie. Ovviamente è tutta una scusa per ammazzarsi di cibo e di alcol.

— Prepariamo una pasta? Che dite?

Caterina non risponde. È in piedi sulla soglia della sua camera e mi fissa in silenzio. La nostra casa si trova nel cuore di Genova a metà strada fra il “salotto buono” di piazza De Ferrari e la movida, a due passi dalla cattedrale di San Lorenzo, in una delle più antiche abitazioni medievali della città. Si trova di fronte alla piazza dei Ragazzi, raro esempio di spazio aperto e alberato nel centro storico.

— Poi sigaretta e caffè, e andiamo a ballare — aggiunge Luca vedendo che nemmeno io rispondo.

— Diglielo. — Finalmente Caterina si decide a parlare. Non mi piace come mi guarda, non mi ha mai fissato in quel modo.

Sono seduta su una sedia in soggiorno e mi raccolgo i capelli con un elastico. La porta-finestra è aperta, siamo a maggio, e nonostante siano le sette di sera fa ancora molto caldo.

— Allora? Ti decidi a parlare? — insiste Caterina.

Luca capisce che la situazione è seria e smette di mangiare.

Mi alzo, prendo il cellulare dalla borsa. Non mi sono ancora cambiata, porto sempre i pantaloni neri e la camicetta. Non mi sento a mio agio. Di solito indosso gonnelloni informi, vestiti lunghi o pantaloni larghi. Tutto sempre nella tonalità del beige. Sono alta e magra, non particolarmente formosa, e non mi piacciono gli abiti che mi segnano il corpo.

Mostro il messaggio a Luca. — L’ha inviato subito dopo il “discorso”. O come lo vogliamo chiamare?

Luca prende il cellulare e legge. — Pesante.

— E non è tutto — si intromette Caterina. Non faccio in tempo a fermarla che lei aggiunge: — Le ha dato uno schiaffo.

Luca si alza in piedi e dice: — Marta adesso ha esagerato. Quando è successo?

Io abbasso lo sguardo, imbarazzata. Non volevo dirlo a Luca, lui ha una cotta per me, l’ho sempre saputo, e non voglio che si preoccupi.

— Due sere fa — sussurro.

— Devi denunciarlo — afferma Caterina. E qui esce l’avvocato che è in lei.

Luca, ovviamente, le dà ragione.

Mi spazientisco. — Oggi è uno dei giorni più belli della mia vita, non voglio rovinarmelo con questa storia.

— E allora devi smetterla di vederlo — ordina Caterina. Perché la sua voce ha assunto un tono autoritario e non mi sta consigliando di non vederlo più, me lo sta ordinando.

— Ma si può sapere cosa gli hai scritto nella dedica? — chiede Luca. — Era piuttosto incazzato.

Vado in camera e inizio a spogliarmi. Indosso dei pantaloni da tuta larghi e una canotta bianca. Ai piedi nulla. Mi piace camminare scalza per casa.

Quando ritorno, Luca si è accomodato sulla sedia e ha ancora il mio cellulare fra le mani. Inizia a leggere a voce alta un altro messaggio: — Non farmi perdere la pazienza, Marta…

— Dammelo! — Gli strappo il telefono dalle mani.

A questo punto Caterina assume un tono più dolce e dice che devo raccontare tutto, loro sono i miei migliori amici e mi vogliono bene. Viene vicino a me e io mi lascio andare.

— Mi perseguita, Cate, non riesco a fargli capire di lasciarmi in pace.

— Lo sapevo che non mi raccontavi tutta la verità — ribatte, abbracciandomi.

Luca è rimasto senza parole. Stringe forte la mascella e si alza in piedi. Inizia a passeggiare nervosamente per la stanza.

L’angolo cottura e il soggiorno sono in un piccolo vano, non ha molto spazio per muoversi. Esce sul terrazzo.

— Ma cosa gli hai scritto in quella benedetta dedica, si può sapere o no?

— Di lasciarmi in pace. — Mi svincolo dall’abbraccio. A volte è come se mi obbligassi a stare fuori dalla vita delle persone cui tengo e viceversa: taglio dalla mia vita i miei amici, pur sapendo che mi vogliono bene. Però c’è una parte dentro di me che capta tutto quello che succede a loro, e non si lascia sfuggire un solo respiro.

Sono debole, lo sono sempre stata e di questo me ne vergogno. Loro non possono capire come si sente una persona come me.

Loro non sanno cosa è successo e mai lo sapranno.

Luca rientra dal terrazzo. Sta fumando e Caterina gli fa cenno di spegnere la sigaretta. Non si fuma nel nostro appartamento, arredato con pochi mobili bianchi, comprati all’Ikea. Qui è sempre tutto perfettamente in ordine. Tranne nella mia stanza. Nella mia camera regna il caos e domina il colore rosso. Come una macchia di sangue su un vestito candido, aveva detto lui la prima volta che era entrato in camera mia.

— Posso farti una domanda? — chiede imbarazzato Luca.

Io guardo Caterina, come se dovesse decidere lei al posto mio. Lei non sa cosa rispondere e sorride per tranquillizzarmi.

Mi volto verso Luca e pronuncio a voce bassa: — Certo.

Ne hai parlato con i tuoi?

— Con i miei? — ripeto sorpresa.

— Sì, con la tua famiglia. Credo che dovresti metterli al corrente di questa situazione. Marta, hai una relazione con un uomo che potrebbe essere tuo padre e oltretutto quest’uomo ti sta minacciando. Non credi che dovresti parlargliene?

Penso all’età del professore. Forse lui è più giovane di mio padre. Faccio un rapido conto: oggi mio padre avrebbe quasi sessant’anni.

— Il mio odiato padre. — Mi rendo conto di aver pronunciato questa frase a voce alta dal modo in cui mi guardano i miei amici.

Chèrie, non parli mai di lui, non credevo che tu lo odiassi — dice Luca.

— No, io non lo odio. Chi l’ha detto?

Caterina e Luca si scambiano uno sguardo di imbarazzo e all’unisono rispondono: — Tu.

— Non è vero! — Guardo Caterina.

— Sì, tesoro, l’hai appena detto.

— Io amo mio padre! — urlo esasperata e corro in camera mia.

Chiudo a chiave la porta e mi butto sul letto.

Chi può riempire il mio vuoto?

Solo lui.

Prendo il cellulare e leggo ancora una volta il suo ultimo sms: Puttana.

Lo chiamo.

esci

Tutto brucia tranne te

Cristina Origone

tutto brucia tranne te
Leggi l'anteprima

Marta Bini, ossessionata dai ricordi della morte del padre, decide di trasferirsi a Genova per scoprire la verità e ritrovare una persona che fra i suoi ricordi la turba più di tutti: Alberto Bottero, un affermato docente universitario.

Marta diventa una sua studentessa e, inaspettatamente, i due si innamorano. È l'inizio di una morbosa storia fra allieva e insegnante, una relazione di sesso malato e di ossessioni in cui Marta appare fragile e con una scarsa autostima, apparentemente soggiogata da un uomo forte, carismatico, con una sicurezza di sé quasi sfrontata. O forse no. Perché la verità ha sempre due facce.

Ci sono aspetti inquietanti che emergono col progredire della vicenda e col mutare della prospettiva. La stessa storia, infatti, raccontata dal punto di vista del professor Bottero, ha un risvolto molto diverso.

Chi sta dicendo la verità?

L'autrice

origone

Cristina Origone, genovese, ha frequentato la Scuola Chiavarese del Fumetto, ha collaborato con la rivista Fiction TV di Nuov@ Periodici e con il quotidiano on line quigenova.com.
Nel 2006 pubblica il saggio semi-serio Come portarsi a letto una donna in 10 mosse (Delos book), seguito da TIENIMI Come tenersi un uomo/una donna per più di 6 mesi, scritto con l'amica Gabriella Saracco.
Nel 2008 pubblica il thriller Avrò i tuoi occhi (Fratelli Frilli Editori) e nel 2010 vince la XXI edizione del premio Writers Magazine Italia con il racconto La quarta sorella. Suoi racconti sono su riviste e antologie, ultimo il racconto In fuga è stato pubblicato nell'antologia di racconti gialli Nuovi Delitti di lago, a cura di Ambretta Sampietro (Morellini Editore). Ad aprile 2016 pubblica il romanzo Alice a testa in giù con Delos Digital e autopubblica il thriller Vite da difendere.
Tutto brucia tranne te è il suo primo romanzo autopubblicato e verrà presto tradotto in spagnolo e in inglese.

Il suo sito web

Perché l'abbiamo scelto

Giochi di potere, giochi al massacro, una coppia malata, una codipendenza che apre spiragli inquietanti verso una tragedia annunciata: questi gli ingredienti di un romanzo che va oltre il giallo, trasfigurando in una storia di violenza tra un uomo e una donna carica di tensione e suspense.

Tutto brucia tranne te è un romanzo appassionante, originale, coinvolgente, in cui le emozioni tengono il lettore incollato alle pagine, sino a giungere ad un finale che dà su una porta che potrebbe spalancarsi.