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Le cose come stanno

Tina Caramanico

I figli degli altri

Alle otto e mezza Michela rientrò, sfinita come tutte le sere. Riusciva ad aver voglia solo di un divano e poi di un letto, se qualcuno la aiutava a spogliarsi.

Elena stava finendo di riordinare la cucina e aveva già mandato i bambini in bagno a lavarsi i denti e a prepararsi per la notte. Michela la salutò brevemente e la benedisse in cuor suo: non poteva neppure immaginare cosa sarebbe stata la sua vita e quella dei bambini senza la tata. Ma per fortuna c’era e lei poteva continuare a lavorare dieci ore al giorno, tutti i giorni, senza dover sostenere insostenibili sensi di colpa.

I bambini tornarono in soggiorno già puliti e vestiti col pigiamino azzurro; cercavano Elena, ma incrociarono Michela, seduta malamente sul divano, e la guardarono senza entusiasmo. Elena li spinse verso di lei: “Andate a dare bacino alla mamma. Su.” Marco e Alessio andarono a depositare sulla guancia della loro madre un bacio rapido, neutro; ma la neutralità dei figli nasconde sempre molta rabbia o molto dolore.

I suoi figli. Michela cercò di stringerli e di prolungare il più possibile quel contatto, per non sentirsi fallita come madre, così come era fallita come moglie e sposa. Ma subito dopo il piacere di vedere i bambini andar via, a dormire nella loro cameretta, così ubbidienti, così docili dietro il grembiule svolazzante a fiorellini rosa di Elena, fu più forte di ogni altro sentimento, e Michela si sentì autorizzata a concedersi un po’ di riposo. In fondo non era l’unica madre separata che lavorava tutto il giorno.

Elena tornò poco dopo, sorridente. “Dormono già?” chiese Michela. Elena accennò di sì, e se ne andò in cucina a fare la sua telefonata, quella di ogni sera. Michela non capiva le parole, in una lingua slava per lei misteriosa, ma sentiva il tono con cui Elena pronunciava mille volte quel nome, Misha. E vedeva le lacrime che tutte le sere la donna si asciugava quasi di nascosto, con pudore, alla fine della conversazione. Una volta sola Michela aveva avuto il coraggio di chiedere: “Misha è tuo marito?” Elena, ancora con gli occhi lucidi, aveva risposto: “No, mio marito no” e aveva gettato indietro l’aria con la mano, come dire è andato, acqua passata. Poi aveva aggiunto orgogliosamente: “Misha è mio figlio. Sta con la nonna, va a scuola, ma poi viene qui, quando cresce.”

Poco dopo Michela andò a dormire. Appena toccò il letto crollò, come tutte le notti, in un sonno profondo e oscuro, di solito senza sogni. Ma quella notte Michela sognò.

Michela sognò di essere Elena. Sognò di tenere in braccio i propri figli, come quando erano piccoli, attaccati al seno. Sognò il loro odore, il sudore dolce e la pelle dei neonati. Sognò di non avere fretta, di sorridere, di giocare con Alessio e Marco seduta sul tappeto. Sognò di salutare Elena che usciva di corsa con la valigetta marrone e la gonna stretta, di accompagnarla alla porta e chiuderla alle sue spalle, per rientrare in un mondo piccolo, caldo, rassicurante. Sognò di fare il bagnetto ai bambini, di asciugarli e rivestirli, e di togliersi poi la vestaglia a piccoli fiori rosa, tutta bagnata, per mettersi il vestito blu e uscire a fare una passeggiata, al sole di aprile.

Alle due, Elena sentì Alessio gridare nell’altra stanza. Si alzò di corsa, quasi senza aprire gli occhi. Scostò piano la porta ed entrò senza far rumore, per non svegliare anche Marco. Alessio singhiozzava, nel suo lettino. Elena si avvicinò e si mise a sedere ai piedi del letto. Alessio, piangendo più forte, si alzò e andò a mettersi in braccio a lei, con la faccia nascosta nel suo petto. Elena lo accarezzava sui capelli, e lo cullava: “Hai fatto un sogno brutto? Non piangere, no, no. Non piangere.”

Alessio a poco a poco si calmava, ed Elena aveva gli occhi chiusi, quasi aveva ripreso a dormire. Quando il bambino ricominciò a respirare calmo, Elena lo tirò su e lo rimise nel suo letto. Lo coprì con la copertina rossa e blu, e si chinò sulla sua guancia ancora bagnata di lacrime, sfiorandola con le labbra. Poi gli fece un’ultima carezza sui capelli fini, sussurrando: “Misha, Mishenka. Dormi.”

esci

Le cose come stanno

Tina Caramanico

Le cose come stanno
Leggi l'anteprima

Nuova edizione autoprodotta che unisce due raccolte di racconti: “Le cose come stanno” e “Nell’altra stanza (tre racconti sull’altrove)”:

“Le cose come stanno” Nove racconti brevi con un tema comune: la perdita delle illusioni, la caduta delle costruzioni fantastiche e arbitrarie che utilizziamo per abbellire, semplificare e comprendere la nostra vita. L'incontro con la cruda, splendida realtà delle cose da cui quasi sempre, per paura o leggerezza, fuggiamo.

“Nell’altra stanza (tre racconti sull’altrove)” A volte non siamo dove sembriamo essere. A volte non siamo qui, non siamo noi. Siamo in un'altra stanza, un'altra vita, un altro tempo.

L'autrice

caramanico

È nata a Taranto nel 1962 e da allora ha traslocato moltissimo.
Nel 2011 ha iniziato a rendere pubblici i suoi testi. Ha assecondato e asseconda la sua inclinazione (vagamente suicida, nel panorama editoriale italiano) per poesia e narrativa breve, ma non si preclude nessuna strada e nessun esperimento.
Il suo primo romanzo, "Un cattivo esempio", ha vinto il premio "Romanzi in cerca d'autore" 2017 a cura di Mondadori-Kobo, è stato pubblicato da Rakuten Kobo e a breve uscirà in una nuova edizione, autoprodotta; il secondo romanzo, "Il prete nuovo", edito da Vocifuoriscena, è in libreria dal 1 novembre 2019; il terzo, "Come sovvertire l'ordine costituito, trovare l'amore e vivere felici", dopo alcuni mesi su Wattpad (dove ha vinto i "Wattys Awards 2019" e traumatizzato una quantità di lettori increduli) è diventato un libro nel luglio 2020.

Il suo sito web

Perché l'abbiamo scelto

Tina Caramanico unisce in un unico volume due sue brevi raccolte di racconti. Una, Nell'altra stanza, la conosciamo già, perché l'avevamo già letta e consigliata ai nostri lettori: rileggere questi tre racconti è stato un piacere, e non possiamo fare altro che riconsigliarveli.

I nove racconti di Le cose come stanno hanno un altro stile, altra struttura, altre tematiche, ma non sono da meno. Mostrano anzi come questa autrice riesca a maneggiare con uguale abilità registri e temi diversi.

Tutte le storie, che si rifanno in larga parte al quotidiano, a situazioni - non facili - riscontrabili nelle nostre vite o in quelle di persone che conosciamo, sono raccontate con il giusto tatto, la giusta sensibilità, ed è questo aspetto ad averci convinto, insieme all'ottima scrittura dell'autrice, a consigliarvene di cuore la lettura.