Ti raggiungo in Pakistan
Roberta Marcaccio
Capitolo 1
Andrea corre in bicicletta, zigzagando fra gli alberi che segnano il confine fra l’orto e il campo arato, lungo la striscia di terra battuta che ospita i peschi. Sfreccia a razzo in mezzo alle piante, spingendo sui pedali e alzandosi sui piedi nudi. Arrivato in fondo alla pista frena sulla ruota posteriore, testacoda e via di nuovo in salita, verso casa.
Quinto è nell’orto. Piegato sulla schiena pulisce il terreno eliminando erbacce e piante infestanti.
Andrea s’avvicina, poggia un piede a terra, stappa la borraccia, beve un lungo sorso, parla un po’ con Quinto e poi riparte per una nuova scorribanda. Alle undici arriva Lucia. Fazzoletto in testa legato dietro la nuca, a coprire una lunga treccia bianca, e grembiule fucsia e giallo. Ha in mano un piatto di ceramica coperto da un tovagliolo e una caraffa dal vetro appannato.
«Andreaaa, attento!»
Il ragazzino gira la testa di scatto e colpisce con la spalla un ramo di pesco. Massaggia con forza il punto dolente. Poi spinge con il piede sul pedale e riparte sollevando la ruota anteriore. All’altezza dell’orto getta a terra la bici, corre da Lucia e afferra una fetta di ciambella.
«Ti sei fatto male?»
«Ho fame» dice a bocca piena mentre siede sulla striscia di prato che confina con l’orto dove Quinto lavora.
«Ne voglio ancora».
Si alza da terra e afferra un’altra fetta di dolce. Con un morso ne stacca più di quella che la sua bocca possa contenere. Con l’altra mano prende il bicchiere di tè freddo e lo scola fino all’ultima goccia.
«Benedetto ragazzo! Così ti strozzerai».
Quinto s’avvicina alla moglie. Prende con due mani la borraccia e beve.
«Anna è tornata?»
«No. Ha telefonato dicendo che si fermerà a Rimini con Giorgia. Rientreranno assieme nel pomeriggio».
Un’auto parcheggia davanti al casolare. Andrea allunga il collo in direzione della strada.
«È zio Robiii!»
Il ragazzino si lancia di corsa attraverso il prato e atterra fra le braccia dell’uomo nello stesso istante in cui Roberto apre il cancello.
«Zio, zio… che bello vederti».
Roberto si abbassa all’altezza di Andrea.
«Ho qualcosa per te. Vieni!»
Andrea torna tutto fiero, da Lucia e Quinto, abbracciando un pallone da basket nuovo.
«Roberto, che bella sorpresa!»
«Buongiorno Lucia, passavo da queste parti. Salve Quinto, tutto bene?»
Quinto fa un cenno con la mano per poi dedicarsi di nuovo ai caspi d’insalata.
«Che meravigliosa giornata! Ogni volta che vengo qui rinasco».
«Ti faccio un caffè?»
«No, grazie. Assaggerò una fetta della tua ciambella. Anna è in casa?»
«No. È andata in redazione. Doveva consegnare alcuni articoli e nel pomeriggio ha una riunione».
«Quindi non rientrerà per pranzo?»
«Ha detto di no. Resti a mangiare con noi, così l’aspetti?»
Il sorriso svanisce dal volto di Roberto. La luce che illuminava gli occhi verdi muore all’improvviso.
«Non posso. Ho promesso a Emma che l’avrei portata in piscina».
Roberto siede sul dondolo vicino a Lucia. Quinto continua la sua opera di cura dell’orto mentre Andrea, stanco di giocare con il pallone, lo raggiunge, siede vicino a lui e osserva le mani dell’uomo mentre strappano le piante indesiderate e zappano la terra. «Con quelle mani ha arato il mondo» dice sempre Lucia. I calli e i duroni sono talmente tanti e vicini che il palmo non ha più ondulazioni. È un tutt’uno dal polso ai polpastrelli.
«Anna non poteva trovare una dimora migliore di questa. Sono felice che viva qui assieme a voi».
«La felicità è nostra. Grazie a questo teppistello siamo ringiovaniti di almeno vent’anni».
Roberto stringe la mano di Lucia.
Quella donna e suo marito sono stati mandati da Dio, in uno dei momenti più difficili della loro vita. L’uomo non riesce a ripensare a quel periodo senza provare una stretta dolorosa in mezzo al torace. Il giorno in cui Anna lasciò Villa Amati per sempre è un ricordo che a fatica sparirà dalla sua anima.