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La tomba del canarino

(File JE60754_0)

Isabel Giustiniani

Prologo

Cairo, 1906

George Edward Stanhope Molyneux Herbert, quinto conte di Carnarvon, era furioso.

Nonostante il grave incidente d’auto di qualche anno prima gli avesse lasciato pesanti strascichi nel fisico e difficoltà respiratorie, aggrediva con irosa determinazione la rampa di scale del Dipartimento delle Antichità per raggiungere l’ufficio del direttore. Evitò le rimostranze e i goffi tentativi dei funzionari che volevano fermarlo e fece irruzione nella stanza di Gaston Maspero. L’anziano e panciuto egittologo alzò gli occhi dai documenti che stava leggendo per indirizzare uno sguardo perplesso all’uomo sudaticcio e affannato che stava arrivando per fronteggiarlo, cupo, oltre l’ampia scrivania.

«Lord Carnarvon» esordì in inglese lo studioso, togliendosi il sigaro dalla bocca. «A cosa devo l’onore di una sua visita così improvvisa? Gradisce un bicchiere d’acqua per rinf…»

«Lei!» lo interruppe Carnarvon in perfetto francese, puntandogli contro un dito fremente. «Ho pagato fior di denaro per una concessione di scavo e lei non mi ha assegnato altro che un pezzo di deserto dimenticato da Dio. Sono mesi che scavo nella zona di el-Qurna, dove gli abitanti di quel villaggio rivoltano il terreno da secoli per stanare qualcosa da rivendere, e come immaginavo non è rimasto altro che sabbia e sassi!»

«Beh, non proprio solo sabbia e sassi» lo corresse Maspero tornando con piacere alla propria lingua. «Ha rinvenuto la pregevole mummia di un gatto, perfettamente conservata e che ora gode della giusta collocazione qui nelle sale del Museo Egizio.»

«Un gatto!» sbottò Carnarvon volgendo gli occhi e i palmi delle mani al cielo in un gesto di esasperazione. «Io sto pagando quotidianamente più di tre dozzine di operai, capisce? Quaranta uomini scavano per me ogni giorno, e lo faccio per ben altro che trovare qualche bestia rinsecchita!»

Maspero si concesse un sorriso che cercò di dissimulare portandosi il sigaro alla bocca per non irritare ulteriormente il suo ospite. Emise quindi una boccata di fumo accompagnata da un sospiro di rassegnazione e si alzò dalla sedia girando attorno alla massiccia scrivania per approssimarsi all’uomo dallo sguardo acceso dall’ira.

«Vede, lord Carnarvon,» esordì pacato dopo essersi schiarito la voce, «capisco la sua frustrazione nonché il desiderio di rinvenire oggetti preziosi - desiderio, tra l’altro, comune a tutti gli esumatori - ma deve accettare il fatto che il suolo d’Egitto non dia garanzia di nulla, come del resto la possibilità di trovare qualcosa di interessante sussista un po’ in ogni luogo come in nessun luogo.»

«Certo, comprendo» rispose più conciliante l’inglese, «tuttavia se lei mi concedesse la possibilità di scavare in località di rilevanza archeologica maggiore, come la Valle dei Re, sono certo che la tenacia e i mezzi a mia disposizione porterebbero alla luce altri tesori.»

«E lei crede che la Valle dei Re non sia già stata ampiamente oggetto di ricerche, esattamente come qualsiasi altro posto in questo Paese?» obiettò l’egittologo battendo la cenere del sigaro nel posacenere di cristallo accanto a lui. Afferrò poi un elegante cofanetto in legno di sigari cubani che si trovava sul bordo della scrivania e lo sollevò per offrirne uno al nobile, il quale rifiutò con un cenno della mano.

«Mio caro conte,» riprese quindi affabile, «anche la valle da lei tanto ambita è stata scavata da cima a fondo un’infinità di volte. E, come ben sa, in questo momento la concessione agli scavi in quell’area appartiene all’americano Theodore Davies. È un avvocato miliardario e in pensione, due caratteristiche che gli conferiscono senza dubbio molto denaro e molto tempo a disposizione per dedicarsi alle sue passioni. Tuttavia raramente il successo arriva all’indomani degli sforzi compiuti, non importa quanto questi possano essere ingenti. Lo stesso Mr. Davies possiede quella concessione già da tre anni ma solo recentemente lui e il supervisore Arthur Weigall hanno fatto una scoperta - sensazionale, bisogna ammettere - che possa in qualche modo ripagare le forti somme che sono state investite nel progetto di ricerca. Quasi con certezza direi che il recente successo spingerà l’americano a chiedere il rinnovo del contratto anche in futuro e quindi temo, milord, che se lei vorrà proseguire con gli scavi nel suolo d’Egitto dovrà arrendersi alla pazienza e farlo su siti al di fuori della Valle.»

Carnarvon sembrò afflosciarsi, perdendo lo slancio che l’aveva animato fino a quel momento, quasi che tutta la stanchezza della corsa per portare le sue rimostranze fino al Cairo si fosse fatta sentire d’improvviso, schiacciandogli le membra. Si lasciò cadere sulla sedia di fronte a Maspero, riportando alla mente che proprio il ritrovamento di alcuni mesi prima della tomba di Yuya e Thuya, nientemeno che i nonni materni del faraone Akhenaton, aveva riacutizzato in lui il desiderio di compiere ricerche nell’ambita Valle dei Re.

«Mi permetta comunque di darle un suggerimento» riprese Maspero, appoggiato alla scrivania, dopo averlo scrutato per un po’ e aver aspirato un’altra generosa boccata dal sigaro. «Lei mi ha parlato di tenacia e mezzi, che sono certo non vi facciano difetto come non lo fanno a Davies, tuttavia deve considerare che l’archeologia necessita anche di conoscenza tecnica. E di molta esperienza. Colmi queste lacune e vedrà che le sue ricerche potranno rivelarsi più fruttuose.»

Carnarvon sollevò lo sguardo a studiare il volto dell’uomo che aveva sulle spalle quasi trent’anni di esperienza nella guida dell’Organizzazione, e fu colto dalla consapevolezza che il denaro da solo non potesse essere sufficiente per fare di un collezionista un esumatore. In fondo, Davies si era avvalso negli anni della consulenza di collaboratori come quel Weigall.

«Lei non avrebbe una persona da mandarmi?» chiese il nobile spinto da un rinnovato entusiasmo misto a speranza.

Maspero sorrise, come se non avesse aspettato altro che quella domanda.

«Beh, qualcuno che faccia il caso suo ci sarebbe, milord. Si tratta di un giovane brillante e davvero dotato: il suo nome è Howard Carter. Forse possiede un carattere un po’ schivo e talvolta burbero, ma senza dubbio è un ottimo elemento che vanta una solida preparazione. È stato allievo di Flinders Petrie e, fino all’anno scorso, ha ricoperto l’incarico di Ispettore generale alle Antichità per l’Alto Egitto, una posizione paritetica a quella che ha Arthur Weigall a Luxor.»

«E poi?» lo incalzò il conte con aria interrogativa.

«E poi… cosa?» ribatté il francese, quasi svagato.

«Perché non ha più quell’incarico? È forse occupato altrove?»

Maspero sospirò e si volse appena per spegnere il sigaro schiacciandolo nel posacenere. Lisciandosi la corta barba bianca si avviò alla finestra dello studio lanciando un lungo sguardo assorto alla sottostante strada ingombra di calessi e venditori ambulanti i cui richiami giungevano ovattati attraverso i vetri. «Diciamo che sfortunate circostanze lo hanno costretto ad abbandonare l’ispettorato. Attualmente si guadagna il pane vendendo quadri ai turisti.»

«Spero stia scherzando, se mi consiglia di affidarmi a un pittore di strada!» sbottò il nobile stringendo i braccioli della sedia e inarcando le sopracciglia, contrariato.

«Lord Carnarvon,» replicò l’egittologo con decisione, volgendosi verso di lui con occhi penetranti, «le assicuro che Howard Carter è una persona estremamente qualificata e la perdita di quella posizione si deve esclusivamente a pressioni politiche che nulla hanno a che vedere con la sua competenza.»

Il quinto conte di Carnarvon piegò il capo e si portò una mano alle labbra a tormentare i folti baffi scuri, riflettendo sulla questione. Forse un professionista altamente esperto e altamente disoccupato era quanto di meglio potesse capitargli in quel frangente e non era certo il caso di dare un calcio alla fortuna. Alzatosi in piedi, raggiunse quindi il direttore tendendogli la mano.

«Bene, mi fido di lei» esclamò con un sorriso mentre stringeva con vigore quella dell’egittologo. «Mi faccia conoscere questo Mr. Carter e vediamo un po’ cosa salta fuori.»

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La tomba del canarino
(Il romanzo di Tutankhamon vol. 4)

Isabel Giustiniani

la tomba del canarino
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Egitto, inizio XX sec. In una terra meta di studiosi e di cacciatori di reperti provenienti da tutto il mondo, Na'im segue fin da bambino l'archeologo Howard Carter nella sua ostinata ricerca della tomba del Dimenticato, crescendo diviso tra la volontà di riscatto dalla propria condizione, la lealtà verso il fratello con il mondo che rappresenta e l'ombra degli antichi dei che ancora aleggia sulla Valle dei Re.

Il tanto atteso coronamento del sogno dell'archeologo finisce tuttavia per trasformarsi in un incubo: il ritrovamento di un sepolcro intatto - con un tesoro inestimabile - scatena il nazionalismo egiziano e Carter si troverà a combattere contro la superstizione del popolo, le accuse di furto da parte del governo e l'assillo dei giornalisti, questi ultimi sempre alla ricerca di scoop per accrescere le dicerie sulla maledizione del faraone divampate dopo la morte di lord Carnarvon, il finanziatore degli scavi.

Mentre i lavori di recupero e restauro dei preziosi reperti proseguono tra mille ostacoli, Na'im lotterà per aggrapparsi alla ragione della ricerca scientifica portata dagli stranieri e rifuggire dalle parole dello "sciacallo", il vecchio eremita della Valle al quale non avrebbe mai dovuto dare ascolto. Eppure quella ormai lontana notte di novembre in cui, assieme a Carnarvon e alla figlia, à entrato con Carter per primo di nascosto nella tomba, ha visto qualcosa che non può essere ignorato sebbene l'archeologo neghi. Mentendo.

L'autrice

giustiniani

Proveniente dal settore informatico ma con una mai sopita passione per la storia, Isabel Giustiniani, dopo un quinquennio trascorso in Portogallo, vive attualmente in Australia ai margini della rainforest condividendo gli spazi casalinghi con figli, marito, cane e ospiti indigeni erranti quali gechi, pappagalli, possum e - purtroppo - ragni.
Fondatrice di storiedistoria.com, si dedica in prevalenza alla narrativa storica ma ama spaziare anche nel fantasy/sci-fi. La potete trovare, oltre che sul blog Storie di Storia, sul suo sito personale di autore.

Il suo sito web
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Perché l'abbiamo scelto

La Tomba del canarino è un ottimo romanzo, dalla struttura solida e la scrittura fluida, che riesce ad avvincere il lettore attingendo in maniera intelligente a intriganti fatti storici e riproponendoli in una forma narrativa godibile e mai scontata.

L'accuratezza nella trasposizione romanzata di vicende così complesse e controverse a livello storico rappresenta sicuramente l'elemento di forza di questo suggestivo e affascinante romanzo. La trama, mai banale o scontata, coinvolge il lettore grazie a un uso intelligente dei dialoghi, offrendo al tempo stesso degli efficaci momenti di introspezione dei personaggi in grado di riportare tutta la vicenda a un livello più umano, spingendo il lettore a provare empatia nei confronti dei protagonisti.